Le ripetute assenze da Atene dell’ irrequieto Teseo diedero modo
a Fedra di insidiare Ippolito; questi però non cedette alle offerte
della matrigna la quale, vistasi respinta, accusò il giovane di
avere tentato di violentarla. Di fronte a tali infamanti accuse, sopraffatto
dalla vergogna, Ippolito fuggì con il suo cocchio verso Trezene
(la sua città d’origine), ma lungo il tragitto, mentre traversava
l’istmo di Corinto, Poseidone, invocato da Teseo a vendicare l’onore di
Fedra, fece sorgere dalla acque del golfo Saronico, un enorme toro bianco
che terrorizzò i cavalli di Ippolito, che lo uccisero. La dea Artemide
corse però in soccorso del devoto giovane e chiese ad Asclepio,
il dio della medicina, di farlo resuscitare; questi, proprio sull’ orlo
del Tartaro (il mondo dei morti) lo strofinò con una pianta di mirto
e lo fece tornare in vita. La dea lo avvolse poi in una nube e, per farlo
sfuggire all ’ira degli dei avversi, lo trasportò nel luogo a lei
più sacro: le sponde del lago Nemi (dal latino nemus: bosco). Qui
Ippolito cambiò il suo nome in Virbio e visse per lunghi anni come
un vero e proprio re, il rex nemorensis. Con questa leggenda gli autori
antichi (Ovidio, Svetonio, Pausania, Diodoro Siculo) spiegarono l’origine
dello strano ed orrendo culto che si celebrava fra le sponde e fra le selve
che circondano ancora oggi il lago.
Un’ altra leggenda vuole che Fedra, presa d’amore per Ippolito,
volle farlo suo.
Euripide
la tragedia
di Fedra e Ippolito
IV lettera delle Heroides
Teseo
Antiope
le fonti letterarie
le fonti mitologiche
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